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"... le afflizioni di prima saran dimenticate, e saranno nascoste agli occhi miei. Poichè ecco,io creo de' nuovi 
cieli e una nuova Terra, non ci si ricorderà più delle cose di prima; esse non torneranno più in memoria. 
Rallegratevi,si,festeggiate in perpetuo per quanto io sto per creare ..."     profeta Isaia (65:16)
 
 
 

 

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LA NOSTRA AETATE 

 

La religione ebraica

4. Scrutando il mistero della Chiesa, il sacro Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo
del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di Abramo.
La Chiesa di Cristo infatti riconosce che gli inizi della sua fede e della sua elezione si
trovano già, secondo il mistero divino della salvezza, nei patriarchi, in Mosè e nei profeti.
Essa confessa che tutti i fedeli di Cristo, figli di Abramo secondo la fede, sono inclusi 
nella vocazione di questo patriarca e che la salvezza ecclesiale è misteriosamente
prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra di schiavitù. Per questo non può
dimenticare che ha ricevuto la rivelazione dell'Antico Testamento per mezzo di quel
popolo con cui Dio, nella sua ineffabile misericordia, si è degnato di stringere l'Antica
Alleanza, e che essa stessa si nutre dalla radice dell'ulivo buono su cui sono stati 
innestati i rami dell'ulivo selvatico che sono i gentili.
La Chiesa crede, infatti, che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli Ebrei e i gentili per
mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Inoltre la Chiesa
ha sempre davanti agli occhi le parole dell'apostolo Paolo riguardo agli uomini della
sua razza: " ai quali appartiene l'adozione a figli e la gloria e i patti di alleanza e la legge
e il culto e le promesse, ai quali appartengono i Padri e dai quali è nato Cristo secondo
la carne" (Rm 9,4-5), figlio di Maria vergine.
Essa ricorda anche che dal popolo ebraico sono nati gli apostoli, fondamenta e colonne
della Chiesa,e così quei moltissimi primi discepoli che hanno annunciato al mondo il 
Vangelo di Cristo.
Come attesta la sacra Scrittura, Gerusalemme non ha conosciuto il tempo in cui è stata
visitata;gli Ebrei in gran parte non hanno accettato il Vangelo, ed anzi non pochi si sono
opposti alla sua diffusione. Tuttavia secondo l'Apostolo, gli Ebrei, in grazia dei padri, 
rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento.
Con i profeti e con lo stesso Apostolo,la Chiesa attende il giorno, che solo Dio conosce,
in cui tutti i popoli acclameranno il Signore con una sola voce e " lo serviranno sotto uno
stesso giogo " (Sof 3,9).
Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, 
questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza
e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno
dialogo.
E se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo,
tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato
né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo.
E se è vero che la Chiesa è il nuovo popolo di Dio, gli Ebrei tuttavia non devono essere
presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla
sacra Scrittura.
Curino pertanto tutti che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si
insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo.
La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del
patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da
religiosa carità evangelica,deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni 
dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque.
In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo
immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa
dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza.
Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo
come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia.

28 ottobre 1965

 

  fonte : www.vatican.va

 
 

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